Riflessione

La pace è racchiusa tra il mistero dell’incarnazione (il cui centro stiamo celebrando) e il mistero pasquale. 
All’annuncio degli angeli la notte di Natale (“Pace in terra agli uomini da Dio amati”) farà eco il saluto del Risorto ai discepoli chiusi in se stessi e nel Cenacolo la sera di Pasqua: “Pace a 
voi!... lo ripeto: Pace!”. 
Per confermare che non si tratta di questione marginale del nostro cammino di fede e neppure di tema preso a prestito dalle manifestazioni arcobaleno. 
“È Lui infatti la nostra pace”, dice l’apostolo Paolo agli Efesini. Gesù, in realtà, non ha dettato regole di condotta per tutte le singole complicate situazioni che si presentano nella vita delle persone, sul piano delle relazioni internazionali, della politica o dell’economia. 
Tuttavia non significa che il suo Vangelo non dica nulla sui problemi in cui siamo immersi. Basta rileggere con 
animo semplice, ad esempio, il discorso della montagna per convincerci di responsabilità chiare e inequivocabili.
La persistente situazione di conflitto, non solo in Ucraina ma in tutto il mondo, quella “guerra mondiale a pezzi” per lo più ignorata dalla quotidiana comunicazione e combattuta “per procura” dalle grandi potenze, il riavvio della corsa agli armamenti in tutte le nazioni, … sono provocazioni per la nostra coscienza credente se viene illuminata dal Vangelo. Ma quanto realmente il nostro pensiero e la nostra azione si avvicinano al pensiero di Cristo?
E così accade di questi tempi che moltiplichiamo stancamente le parole pregando per la pace, come questione riguardante gli altri e non i nostri comportamenti. Ritrovarci il primo dell’anno a Montesolaro a intercedere il dono della pace come comunità decanale vorrà dire anzitutto riconoscere le nostre divisioni e i nostri conflitti. Significherà domandarci se siamo uomini pronti non ad accusare, ma a tirare una riga nelle contese e nei reciproci lamenti vincendo il risentimento. Se siamo sinceramente aperti al perdono reciproco e alla magnanimità di cuore, superando la tendenza a trar fuori dalla memoria motivi di vendetta. 
Se ci appartiene quella ricchezza di umanità che fa crescere la gioia, scaturire la bellezza, rischiarare il mondo attraverso la bontà.
Solo se disposti a vigilare per tenere a bada il nostro “IO” e cambiare il cuore, sapremo “rimettere al centro la parola INSIEME”, dice papa Francesco nel messaggio di quest’anno.
Allora avrà un senso manifestare in piazza la nostra indignazione contro la guerra con la marcia della pace. 
Non dimentichiamo che si diventa donne e uomini di pace se facciamo il possibile per opporci tenacemente alla logica di ogni violenza: anche un piccolo gesto che guarisce le conseguenze provocate dalla guerra a una sola vittima “aggiusta” (nel senso che fa giustizia) il mondo intero. Ricordiamo l’esempio dei tanti obiettori di coscienza che si sono succeduti negli ultimi cinquant’anni!
Per chi crede non bastano le discussioni e le emozioni, occorre la preghiera quale contesto in cui prendono forma le decisioni più vere. 
“Donaci la tua pace, Signore Dio nostro; da te abbiamo avuto ogni bene”: così prega un’orazione ambrosiana di questo periodo liturgico, citando S. Agostino. Il quale precisava: “la pace della festa, una pace senza tramonto, tra la meravigliosa armonia di cose assai buone di cui ci hai arricchito”
 

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