Secondo video di UOR Lombardia Veneto dell'AIAP.

In questo secondo video ci facciamo sollecitare dalle parole dei pastori che dopo l’annuncio fatto dagli angeli si dicono l’un l’altro «Andiamo fino a Betlemme, vediamo questo avvenimento che il Signore ci ha fatto conoscere» (Lc 2,15). È un insegnamento molto bello che proviene nella semplicità della descrizione dell’Evangelista Luca.

A differenza di tanta gente intenta a fare mille altre cose, i pastori diventano i primi testimoni dell’essenziale, cioè della salvezza che viene donata. Sono i più umili e i più poveri che sanno accogliere l’avvenimento dell’Incarnazione. A Dio che ci viene incontro nel Bambino Gesù, i pastori rispondono mettendosi in cammino verso di Lui, per un incontro di amore e di grato stupore.

Nei i giorni nei quali si intensifica la nostra preparazione al Natale e lo vogliamo fare con l’atteggiamento di Giuseppe che accanto Maria proteggere il Bambino e la sua mamma. 

Lui è il custode che non si stanca mai di proteggere la sua famiglia. Quando Dio lo avvertirà della minaccia di Erode, non esiterà a mettersi in viaggio ed emigrare in Egitto (cfr Mt 2,13-15). 

Giuseppe portava nel cuore il grande mistero che avvolgeva Gesù e Maria sua sposa, e da uomo giusto si è sempre affidato alla volontà di Dio e l’ha messa in pratica.

Padre amato, padre nella tenerezza, nell’obbedienza e nell’accoglienza; padre dal coraggio creativo, lavoratore, sempre nell’ombra: con queste parole Papa Francesco descrive, in modo tenero e toccante, San Giuseppe. Lo fa nella Lettera apostolica Patris corde, pubblicata lo scorso martedì 8 dicembre nel 150.mo anniversario della dichiarazione dello Sposo di Maria quale Patrono della Chiesa cattolica. 

Attraverso San Giuseppe, è come se Dio ci ripetesse: “Non abbiate paura!”, perché “la fede dà significato ad ogni evento lieto o triste” e ci rende consapevoli che “Dio può far germogliare fiori tra le rocce”. 

Custode di Gesù e di Maria, Giuseppe “è il custode della Chiesa”, della sua maternità e del Corpo di Cristo: ogni bisognoso, povero, sofferente, moribondo, forestiero, carcerato, malato, è “il Bambino” che Giuseppe custodisce e da lui bisogna imparare ad “amare la Chiesa e i poveri”

Andiamo a Betlemme. Si mettiamoci in cammino verso Betlemme perchè il mistero della nascita del bambino Gesù, avvolto in un’abbagliante luce divina, ha trasformato la storia umana in storia di salvezza. E Betlemme, è méta del nostro cammino di fede per incontrare un Dio che ha voluto incarnarsi nel tempo e nella storia 

Oggi ripercorrere la strada verso Betlemme, come pellegrinaggio di conversione per raggiungere la grotta e adorare il Figlio di Dio forse è più arduo di quanto sia stato per i pastori. 

Andiamo fino a Betlemme. Il viaggio è faticoso, molto più faticoso di quanto lo sia stato per i pastori. I quali, in fondo, non dovettero lasciare altro che le ceneri di un bivacco, le pecore ruminanti tra i dirupi dei monti … Noi invece, dobbiamo abbandonare i recinti di cento sicurezze, i calcoli smaliziati della nostra sufficienza…per trovare chi?».

Andiamo a Betlemme, anche se è un cammino di fede e di conversione faticoso, difficile. L’importante è compierlo. «E se invece di un Dio glorioso ci imbattiamo nella fragilità di un bambino, con tutte le connotazioni della miseria, non ci venga il dubbio di avere sbagliato percorso. Perché, da quella notte, le fasce della debolezza e la mangiatoia della povertà sono divenuti i simboli nuovi della onnipotenza di Dio.


 


 

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