Omelia di don Giacomo alla Celebrazione delle Esequie di Silvano Radice

C’è una finestra, di una casa accogliente, che la notte di Natale è stata protagonista di uno scambio di doni mirabile, straordinario e per molti versi incomprensibile.

C’è una finestra, di una casa sempre disponibile, che la notte di Natale era socchiusa, per aspettare che il gioioso suono delle campane, annuncianti la nascita del Bimbo Gesù, entrasse a riscaldare il cuore di un uomo buono, generoso e fedele: Silvano.

Quella notte ero in Chiesa, in sacrestia, per suonare a festa le campane, per ricordare a tutto il paese che Cristo nasceva in quella notte oscura. Suonavo per il paese… mai avrei immaginato di suonare anche per gli angeli, che in quel momento accoglievano la nascita in cielo del nostro caro Silvano.

Quale mirabile scambio di doni!

Mi è rimasta impressa quella finestra, e ho nel cuore l’immagine nitida del nostro Silvano affacciato ad essa: vigile, attento, con lo sguardo premuroso. Mi è proprio rimasta impressa. Vicino ad essa Silvano è morto e sabato mattina, andando a far visita a Silvano, non sono riuscito a non affacciarmi ad essa: l’ho aperta e sono uscito sul balconcino. Che spettacolo: i monti, e la nostra bella Chiesa, col suo campanile e le sue campane.

Ricordo quando, appena arrivato a Carimate, stavo sistemando la Chiesa per la festa dell’Immacolata, era tardi, quasi l’una di notte e mi squilla il telefono: Silvano. “Oh Don! Cosa ci fai ancora in chiesa? Vai a riposare”. Vedeva le luci accese della sua chiesa. Mi mancherà questo sguardo vigile, sempre presente e gentile.

Silvano lascia una testimonianza nitida; nella sua famiglia, nella nostra comunità cristiana, nella nostra Carimate, nella sua Macugnaga Silvano lascia un’impronta profonda che solo degli sprovveduti e degli indifferenti eviterebbero di seguire.

Siamo tutti ancora increduli davanti a questa morte, tremendamente addolorati, in pianto e pieni di interrogativi. Ma dice bene la Parola di Dio che abbiamo ascoltato poc’anzi: “Divenuto caro a Dio, fu amato da lui e poiché viveva fra peccatori, fu trasferito. La sua anima fu gradita al Signore; perciò egli lo tolse in fretta da un ambiente malvagio” (cfr. Sap 7, 7-15).

E come si fa a diventare cari a Dio? Perché l’anima del nostro Silvano fu tanto cara a Dio, da essere trasferita via da questo mondo così presto? 

Si diventa cari a Dio, e quindi pronti per il cielo, adempiendo bene alla propria vocazione e aprendo il cuore con gioia al prossimo, qualunque esso sia.

Silvano, da bravo figlio, ha sempre ricordato con venerazione e gratitudine il caro papà Ernesto, morto precocemente anche lui – “Perché così presto”, è scritto sulla sua lapide – e da lui ha imparato ad amare questa Chiesa, curandone il decoro, lo splendore fin nei particolari e coinvolgendo in questo tanti altri collaboratori. Quanta tenerezza nell’accompagnare e accudire, insieme al fratello Fabrizio, la sua mamma, Angelina che nei tratti ci ricorda tanto il Silvano.

Silvano, esemplare marito e padre. La premura che nutriva per te, cara Vilma era invidiabile, una colonna su cui appoggiarti e che ora, comunque, non è venuta meno. L’amore per i nipoti, senza misura. Gli brillavano gli occhi, quando mi raccontava di Camilla e di Alessandro. Ale, quando abbiamo deciso di fissare la data della prima comunione all’8 dicembre è corso in casa mia, era contentissimo, perché finalmente, anche il suo Alessandro avrebbe ricevuto l’Eucaristia! Ai nipoti, in particolare all’Ale, più grandicello, ha trasmesso i sani principi cristiani. E badate, ciò che si semina rimane. La sera di Natale eravamo qui per il Rosario al termine del quale, con Camilla e Alessandro, mi sono avvicinato al Bambino Gesù. Alessandro ha fatto la genuflessione, ricordando così anche a noi di farla. Era la genuflessione del nonno, che non dimenticava mai di fare passando davanti al Tabernacolo, che venerava con una fede e un rispetto insoliti, in questi nostri tempi.

Sì, Silvano ci teneva all’educazione dei ragazzi, valore che lo ha visto in particolare impegnato nella guida del Gruppo Sportivo, a cui teneva tantissimo e per il quale ha dato la vita, sempre curando che l’educazione sportiva e cristiana andassero di pari passo. Era un uomo attento su molti versanti.

Silvano è stato un amico, fedele e attento, per taluni di voi quasi come un fratello. Penso a Dino, Tiziano, Edo, Giancarlo, Francesco, Vittorio e chissà quanti altri che certamente ho dimenticato, compresi i colleghi di lavoro… vedervi lavorare insieme è sempre incoraggiante. Bisognerà far tesoro di quanto abbiamo fatto finora, e proseguire, certi che il vuoto lasciato da Silvano, grazie al suo esempio potrà in qualche modo essere colmato. Lo dobbiamo a Silvano e alla nostra Comunità che lo ha generato alla fede.

Infine, come dimenticare il rapporto con i suoi sacerdoti, stimati, amati, serviti e rispettati perché preti, cioè inviati da Dio, nonostante i nostri difetti e limiti. Con quanta venerazione mi hai raccontato, Silvano, di don Luigi Tarchini, di cui proprio qualche giorno fa me ne lodavi l’eleganza e i tratti fini e gentili. Quante lacrime hai versato negli ultimi giorni per il compianto don Egidio, per te come un padre. Con quanta fierezza, proprio la vigilia di Natale, prima della Messa dei ragazzi, mi hai mostrato la crocetta della giacca di don Egidio che ti aveva lasciato in dono e che avevi appena recuperato dalla Elda e dal Romano: sembravi un bambino, con in mano il regalo di Natale più bello.

La notte di Natale, quando Federico mi ha chiamato, stentavo a crederlo, come stento a crederlo ora. Sei stato uno dei primi ad accogliermi qui a Carimate; sei stata la persona che più di tutte ha reso Carimate anche la mia casa. “Per qualsiasi cosa chiamami, anche di notte, come si chiama il 118” mi hai detto in uno dei miei primi giorni qui in Serenza. E infatti sulla mia rubrica ti ho salvato proprio così: “Silvano 118”.  Perdo un confidente, un consigliere, un valido collaboratore, fedele e, soprattutto, leale. Perdo un fedele esemplare quanto alla genuinità della fede e la fermezza nei costumi. Ma certamente non cancellerò il numero, perché avrò ancora bisogno di te. Tieniti dunque pronto, perché d’ora in poi potrò chiamarti in ogni istante.

Ora però, siamo qui riuniti per fare noi l’atto più importante ed essenziale: pregare per lui. Celebrare le esequie di un fedele defunto significa raccomandarlo alla misericordia di Dio, al quale offriamo il Sacrificio Santo della Messa, Cristo stesso, che si offre al Padre per il nostro defunto, affinché possa raggiungere presto il Paradiso. La signora Angelina me lo ha detto subito: in settimana dica delle Messe per il mio Silvano. Oh Angelina, donna di grande fede, lei ha capito tutto, o meglio, l’essenziale! E questa fede forte l’ha trasmessa a Silvano che aveva bene in mente la meta: il Paradiso.

Il 3 novembre sera, han dato sulla Rai il film su san Filippo Neri: “Preferisco il Paradiso”. Io avevo messo sul mio stato di WhatsApp la colonna sonora del film. Silvano ha subito risposto al mio stato scrivendomi così: “Paradiso, paradiso preferisco il paradiso, quando sarà la mia ora, preferisco il paradiso”.

Caro Silvano, la tua ora è giunta ormai, per noi inaspettata, per te… forse sospettavi già qualcosa; di fatto oggi noi preghiamo tanto per te, in tuo suffragio, affinché tu possa sentire presto la voce del tuo amato Signore che ti dice: “Oggi sarai come me nel mio Regno”. A presto Silvano, ci vediamo in Paradiso! Amen.


 

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