Riflessione al termine dei quaresimali

Mio marito Gippi ed io abbiamo partecipato insieme al cammino quaresimale e da questa esperienza comune abbiamo tratto alcune considerazioni. Prima di tutto devo dire che tutti e due siamo cresciuti in famiglie molto religiose. I suoi genitori hanno partecipato molto attivamente alla vita della loro comunità, i miei meno. Sebbene suo papà sia stato un grande esempio di fede e di annuncio della Parola di Dio non solo per figli, nipoti e familiari ma per tutti coloro che hanno avuto la fortuna di conoscerlo, siamo entrambi convinti che mamme, nonne e zie abbiano sempre tenuto saldamente in mano il testimone della fede e della pratica religiosa in famiglia. 

Da sempre le donne sono il braccio destro di Dio; oggi che sono molto occupate da mille impegni dentro e fuori casa, il loro apporto al messaggio religioso viene un po’ meno e ce ne accorgiamo tutti. Ecco perché, come coppia, siamo stati molto positivamente sorpresi dalla decisione di far predicare il quaresimale a quattro donne. Certo all’inizio è stato necessario “sintonizzarsi” su una nuova lunghezza di ascolto: cambio di tono, di voce, di racconto, di pensiero. Uno sguardo diverso ma riflessioni profonde. 

La Parola di Dio è sempre la stessa eppure è sempre nuova. Rileggendola e meditandola si possono fare nuove scoperte grazie al pensiero di chi ci guida. Ci siamo, così, ritrovati entrambi con Giovanni e Pietro nel cortile del palazzo del sommo sacerdote. La cosa strana è stata che la nostra attenzione era così attratta dalla vicenda di Pietro che nessuno dei due rammentava che anche Giovanni fosse lì e forse proprio grazie a lui Pietro fosse giunto al cortile. Dell’apostolo che Gesù ama ricordavamo solo che era, con le donne, sotto la croce. Proprio sotto la croce ci siamo raccolti nell’ultima serata del quaresimale (Gv.19,25-42) domandandoci quale sia il nostro posto nella scena, a quale delle persone o gruppi del brano ci sentiamo più simili. Sia a Gippi che a me è piaciuta molto la riflessione che Gesù muore da “vivo”. Non subisce ma vede, ama, parla, decide per il futuro di chi ama, soffre, beve. Ha scelto di andare fino in fondo; è talmente vivo da poter donare tutto fino allo Spirito che aveva sempre promesso. Altrettanto ricca e pregnante è la riflessione sui  ”discepoli dell’ultimo momento” che si rivelano veri discepoli, pronti a prendere decisioni in perdita. Giuseppe d’Arimatea e Nicodemo sono presenti e agiscono per fede e per amore nel momento del bisogno. 

Le donne: sempre presenti! Nei momenti di gioia della vita di Gesù, così come in quelli tristi e tragici della passione e poi le prime destinatarie dell’annuncio della risurrezione. Fedeli a sé stesse e alla loro vocazione, per secoli, mamme e nonne hanno insegnato le prime preghiere a figli, figlie e nipoti mantenendo saldo il timone della fede e della religione nelle loro famiglie. 

Oggi come allora sono loro a prendersi cura di anziani e malati. “Prendersi cura” è la parola chiave per cui pensiamo sia giusto che sempre più le donne aiutino la comunità cristiana a vivere e leggere la Parola al femminile come è successo a noi in questa quaresima. Grazie. Buona Pasqua 

Enrica e Giuseppe Putto Caussono


 

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