Qualche riflessione sulla lettera del nostro Vescovo per l’anno pastorale 2025 - 2026

C’è un momento dell’anno, ultimamente coincidente con il periodo estivo, in cui il nostro Vescovo si rivolge ai fedeli e al clero della Diocesi per aprire lo sguardo sull’anno pastorale che inizierà a settembre. È il momento della lettera pastorale, a cui purtroppo spesso si guarda con indifferenza, qualche volta con fastidio, raramente con l’attenzione che merita. Certo, il pregiudizio verso i documenti ecclesiali (che, occorre ammetterlo, non sempre brillano per attrattività…) rischia di farci chiudere il cuore verso le parole che il Vescovo ci rivolge. Altre volte le nostre piccole realtà, le nostre attività consuete, il nostro piccolo mondo così sempre uguale a se stesso e per questo così rassicurante, dissuadono dal desiderio di aprire lo sguardo e la mente a una visione più ampia, a una comprensione di Chiesa che travalichi i confini delle nostre singole esistenze e superi il numero delle nostre relazioni personali che, per quanto numerose, non potranno mai rappresentare il tutto.
Il compito del Vescovo è anche questo: ricordarci che siamo dentro una Chiesa di cui la nostra singola parrocchia, la nostra Comunità pastorale, ne è parte fondamentale ma non esclusiva. E sollecitarci a ricordarci che essere cristiani comporta essere alquanto originali: abbiamo legami familiari, come chiunque, ma consideriamo fratelli ogni persona; viviamo, come tutti, rapporti buoni o cattivi ma ci impegniamo a praticare il perdono e a servire chi ci sta accanto, senza distinzione alcuna; abbiamo le nostre idee e le nostre convinzioni, come tutti, ma ci sforziamo di camminare sempre insieme agli altri, senza forzare nessuno, rispettando i tempi di ognuno, ascoltando ogni pensiero e dedicando il tempo necessario alla reciproca comprensione. E questa la chiamiamo sinodalità. Di più, siamo convinti che è in questo cammino sinodale che si manifesta lo Spirito di Dio.
Sì, avete ragione: non è facile. Verrebbe più naturale chiudere le porte, interrompere le relazioni, distinguere gli amici dai nemici, camminare con il proprio passo e che gli si altri si arrangino. Così, infatti, avviene solitamente nel mondo, così i governanti delle nazioni dominano su di esse e i loro capi li opprimono. Ma, appunto, tra voi però non sia così… (cfr. Mc 10, 42-45).
Eccoci, dunque, ai contenuti fondamentali della lettera pastorale di mons. Delpini: un primo punto, lo abbiamo detto, è il modello sinodale che la Chiesa universale si sta dando. Come possiamo realizzarlo nella nostra Comunità? Attraverso l’ascolto reciproco di ognuno, nella comprensione dei bisogni e degli sguardi. Nelle Commissioni, nel Consiglio pastorale, nel Consiglio degli Affari economici. Nell’assemblea sinodale decanale. Abbiamo bisogno, oggi più di ieri, di parlarci e di ascoltarci, con rispetto e pazienza, accogliendo punti di vista diversi senza rinunciare a proporre le nostre riflessioni con intelligenza e serietà. 
Altro punto, la missione. Chi è amato non può nasconderlo, vive una vita talmente luminosa che emana luce. Sorride, abbraccia, accoglie, condivide. Chi è amato, ama. Chi ama desidera che gli altri siano felici. Ecco una traduzione più immediata dell’essere missionari: portare a chiunque incontriamo la gioia di essere amati da Dio. O, diversamente, ammettiamo di essere bisognosi di una missione verso di noi, di aver bisogno di andare in cerca di qualcuno che si sente amato da Dio per poterne condividere l’esperienza. La “Chiesa dalle genti”, intuizione diocesana di qualche anno fa, ci ha consegnato il gusto di essere popolo di Dio, mano che sorregge e braccio che cerca appoggio. Come Comunità festeggeremo questo spirito missionario il 26 ottobre prossimo, raccontando delle nostre esperienze e accogliendo una comunità sudamericana per condividere insieme un pensiero decisivo: insieme, tutti insieme, siamo Chiesa.
Ancora: la Parola. Cosa saremmo senza la Parola? I cristiani hanno Speranza, credono in un umano che va oltre la propria realtà e per questo vedono nell’uomo, in ogni uomo, non i limiti ma le possibilità. La Parola è per ognuno. E ognuno ha il dovere di conoscerla, approfondirla, confrontarsi su di essa. Attingere da essa forza e desiderio, coraggio e fiducia, certezza e determinazione. Anche quando il mondo è ostile e ogni cosa sembra andare in direzione ostinata e contraria. Come Comunità abbiamo davanti molte possibilità per accogliere la Parola: l’Eucarestia quotidiana e, soprattutto, domenicale, il confronto settimanale sulle Scritture della domenica, le catechesi, le proposte di formazione mensile che verranno presentate a breve. 
A proposito della partecipazione alla Celebrazione Eucaristica, mons. Delpini ha ragione: spesso assomiglia più a un obbligo noioso che a un desiderio irrinunciabile. D’altra parte, si desidera ciò che ci appartiene davvero, ciò che ci serve per vivere e le abitudini vuote stancano. Per questo vorremmo continuare a crescere nella bellezza del celebrare, curando al meglio i gesti, i canti, il gusto dell’assaporare la Parola e la gioia di accostarci all’Eucarestia. Riscoprendo la storia della nostra fede, trasmessa da chi ci ha preceduto e ci ha lasciato in eredità luoghi, oggetti, testimonianze.
Ci inoltriamo dunque in questo, meritato, periodo di riposo preparandoci con desiderio al prossimo anno liturgico, colmo di possibilità di vivere con gioia la fede, di godere della bellezza di essere Chiesa, Comunità, fratelli. Sapendo di essere sempre in cammino, qualche volta con passo incerto ma sempre con la certezza che, stando insieme, la strada da compiere sarà lieve e piacevole.

diacono Antonio


 

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