È una delle feste più care al sentire cattolico. Collocata qualche settimana prima del Natale, facilmente si lascia assorbire dall’atmosfera di Avvento, così che non pochi danno per automatico si tratti del modo in cui la fanciulla di Nazareth diventò madre. Provo a esprimere questa confusione più apertamente: per molti “Immacolata” significa “diventata madre senza macchiarsi del contatto con un uomo”. Si sa che per secoli non c’è stato quasi altro peccato, in una quasi ossessione per l’intimità (in genere altrui) e per il controllo dei corpi (in genere femminili) utili a un ordine familiare e sociale all’apparenza saldissimo. Nulla di tutto questo nel mondo di Maria, di Giuseppe, di Gesù e del loro popolo: un mondo che considerava l’intimità fra gli innamorati e gli sposi una delle più potenti parabole dell’amore di Dio. In effetti, il concepimento verginale di Gesù si celebra il 25 marzo, proprio nove mesi prima di Natale. Lì non si tratta del “non peccare” di Maria – che unendosi per amore al suo sposo di nulla si sarebbe macchiata – ma dell’entrare di Dio in lei e fra noi, senza altra mediazione e col suo pieno consenso. Un concepimento diverso da qualsiasi altro, quello di Gesù, ma non l’Immacolata Concezione, che invece celebriamo l’8 dicembre, nove mesi prima dell’8 settembre, il natale – per così dire – di Maria stessa, ovvero il giorno della sua nascita. Il grembo cui ora guardiamo, dunque, non è quello di Maria, ma quello di Anna: così secondo la tradizione si chiamava sua madre. Maria viene concepita come chiunque di noi, nell’amore – speriamo – di due sposi sconosciuti alla grande storia, ma persino alla storia biblica. Definiamo “immacolata” la sua concezione semplicemente perché non sapremmo dire da quale altro momento Maria fu sola luce, sola bellezza, sola grazia. Dall’inizio, da sempre. Doveva diventare la prima cristiana, concependo nella sua adolescenza la Parola di Dio dentro di sé, ma quando l’angelo le propone di diventare madre la saluta definendola “piena di grazia” non da quell’istante, ma da sempre. Qui “immacolata” ricorda quelle vesti bianche, bianchissime, di cui il vangelo dice che “nessun lavandaio sulla terra potrebbe renderle così bianche”. Non che Maria vestisse di questi tessuti preziosi, ma la luce sprigionata da Gesù nella trasfigurazione, o gli angeli la mattina della risurrezione – luce come di vesti bianche, bianchissime – doveva brillare nella trasparenza di una ragazza nata perché il Signore facesse grandi cose in lei. I teologi hanno poi scritto: “nata senza il peccato originale”. E noi lo teniamo per vero. E il pensiero corre a quell’antico racconto in cui un uomo e una donna sospettarono che Dio li stesse imbrogliando, dettero credito al serpente che insinuava ci fosse un inganno nella parola di Dio. Maria è “senza macchia” perché, secondo chiunque l’abbia incontrata, in lei non ci fu sospetto. Ci furono audacia, libertà, intelligenza, interrogativi, dolore, persino incomprensioni, e gioia, molta gioia. Non ipocrisia, doppio gioco, sospetto, peccato. È la vita per cui siamo fatti anche noi, quella che il Battesimo ci restituisce, rendendoci santi e immacolati perché la Parola ci fecondi e ognuno riconosca il modo in cui darle la luce. Quaggiù, come Maria, alle prese con la vita, con un cuore senza macchia: grandi cose il Signore vuole fare con te.
Don Sergio Massironi